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Arte e cultura

Danzo il mondo che sento

di Monica Vaccaretti

Ho sempre pensato che non bastino protocolli e piani di assistenza, per quanto efficienti, per curare e prendersi cura delle persone che si ammalano. La medicina cura il corpo e gli infermieri si fanno carico di tutto ciò che ruota attorno alla persona. Ma ci sono aspetti importanti, poco scientifici ma molto umani, che non abbiamo tempo e competenza di affrontare, concentrati come siamo su buone pratiche e rigorosi principi che guidano la nostra professionalità.

Talvolta alle persone serve qualcosa in più delle nostre cure sanitarie

Hanno bisogno di sostenersi reciprocamente, di ritrovarsi fuori dall'ospedale e di recuperare la loro dimensione soggettiva in un posto diverso e lontano da noi, per quanto ci siano grati. In fondo è quel che capita anche a noi, che vogliamo talvolta essere distanti da noi stessi con la divisa addosso. E anche dai malati.

È umano, doveroso è staccare. E come è diverso stare del tempo insieme con un paziente fuori dal reparto, non sembra più paziente ed io non sono più infermiera. Sembriamo diversi. Lo siamo. Il camice bianco è una barriera che separa, una corazza che protegge. Se quella divisa la togliamo, siamo finalmente sullo stesso piano. A terra. Sul pavimento. Scalzi.

Quando la scienza fa tanto per guarire, a volte troppo, l'arte è una di quelle espressioni umane che sa aggiungere ciò che è stato tolto durante la malattia, da una parte, e l'assistenza, dall'altra. La dimensione artistica è una cura parallela e complementare che riesce a portarti da un'altra parte e fa incontrare le persone in un modo diverso. È così che mi sono avvicinata ad "I dance the way I feel".

Avevo timore, non tanto di danzare io che non so ballare, ma di ritrovarmi con le pazienti oncologiche fuori dall'ambiente di cura, la mia zona di confort, la loro zona di disconfort. Significava mettersi in gioco, non tanto per fare quattro passi ballerini, ma per abbassare le difese emotive

"I dance the way I feel" nasce a Vicenza nel 2017, con la partnership di MoveDanceFeel di Londra. Si tratta di un progetto artistico unico nel suo genere in Italia, che unisce la danza contemporanea al Qi Gong, con l'obiettivo di recuperare, durante l'esperienza profonda e spesso devastante della malattia o al termine del percorso di cura, un rapporto positivo con il proprio corpo, attraverso la scoperta delle proprie potenzialità espressive e la collaborazione con gli altri.

Ideato da Noemi Meneguzzo in collaborazione con l'Ulss Berica e con l'Assessorato alla Cultura, il progetto è fortemente sostenuto dagli Amici del Quinto Piano, un'associazione che, oltre ad offrire un servizio di terapia alimentare e un servizio psicologico empatico solidale, promuove iniziative culturali per sostenere i malati oncologici curati nel reparto Oncologia Medica dell'ospedale San Bortolo di Vicenza.

Lo sviluppo di dinamiche interpersonali positive e propositive permette di superare molti tabù legati al cancro, ancora largamente diffusi nel tessuto sociale. Inoltre, la conoscenza e la fruizione del prezioso patrimonio artistico-culturale della città offre l'opportunità di vivere gli spazi artistici in un modo diverso ed innovativo.

L'iniziativa è rivolta a tutti secondo un principio di inclusione, a coloro che stanno affrontando il cancro e a chi lo ha già incontrato, ai familiari e agli amici. Sono invitati anche gli operatori sanitari. Trovo meraviglioso che i pazienti rivolgano il loro mutuo aiuto anche a noi, riconoscendoci quel bisogno di recupero psico-fisico che è salutare per stare bene. La partecipazione è gratuita e gli incontri settimanali si svolgono presso la Pinacoteca di palazzo Chiericati.

Le proposte sono basate sulla relazione, sulla collaborazione, sul contatto e sulla fiducia e mirano a sostenere la persona nella riappropriazione di una immagine positiva di sé per non emarginarsi. I partecipanti condividono non soltanto il tempo e il luogo della danza, ma anche gli spogliatoi, una tappa fondamentale perché l'uso di parrucche e di protesi mammarie non venga stigmatizzato.

Un invito particolare è rivolto ai caregiver, perché riscoprano, nonostante le fatiche quotidiane dell'assistenza, momenti di gioia, leggerezza e bellezza con i loro cari. Obiettivi specifici del progetto sono la prevenzione del linfedema, lo sviluppo della creatività e l'acquisizione di alcune competenze specifiche della danza in quanto arte. Pertanto i partecipanti sono stimolati a partecipare a proposte coreografiche aperte al pubblico come la Nekel Line di Pina Baush, la coreografa tedesca secondo la quale non serve inventare nuove forme e nuovi gesti, ma interpretare personalmente la forma che si vuole rappresentare. Si danza improvvisando, tra fragilità e forza, diventando danz-attori e mettendo in scena il reale.

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