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Editoriale

A Natale è ancora patto con il cittadino

di Monica Vaccaretti

In un mondo che sta sbandando arriva anche stavolta Natale, seppur mi sembri decisamente fuori posto o fuori luogo. Come può venire ancora Natale quando un'altra giovane donna viene impiccata nell'ora mattutina della preghiera nella terra antica di Persia e le compagne di ogni età marciscono nelle galere iraniane colpevoli di essere donne a modo loro? Mi chiedo a cosa sia servita la morte di Mahsa Amini e il canto libero di donne, vita, libertà. Come può venire ancora una volta Natale dopo un'altra Giulia Cecchettin, anche se cambia il volto, il nome e il luogo della vittima, della pena e del delitto? Mi chiedo cosa sia servito non fare silenzio ma fare rumore e cantare struggentemente “Non una di meno”.

Nei fatti di cronaca cerco ancora il senso e il peso del Natale

"In un mondo che sta sbandando arriva anche stavolta Natale, seppur mi sembri decisamente fuori posto o fuori luogo".

Come può esserci Natale dopo gli orrori del 7 ottobre e quelli del giorno dopo, poco distante dai giardini nel deserto dei kibbutz lungo una striscia di sabbia che guarda il mare? Betlemme, la terra del Natale, intanto è deserta e, povera di spirito, piange per gli affari mancati a causa della guerra.

È un altro Natale persino in Ucraina, la neve del terzo inverno seppellisce il dolore e la stanchezza del mondo dimentica Bucha e dintorni. È una storia vecchia, ormai.

Il mondo adesso ha in mente il Natale, ne è distratto. Intanto i barconi continuano ad affondare e i migranti, della cui salute dovremmo occuparci anche dopo gli sbarchi e il confinamento nei centri per il rimpatrio, muoiono del nostro freddo pungente, per strada.

Frank, che era immigrato regolare in Italia dal 2017, ha avuto un malore nella notte. Ipotermia. Lo hanno trovato che galleggiava, tra la foschia del primo mattino, nella canaletta che circonda la più grande piazza d'Europa, Prato della Valle, a Padova. Lo guardavano soltanto le facce di pietra di Dante, Galileo e Petrarca.

Nei fatti di cronaca di mondi lontani e vicini cerco ancora il senso e il peso del Natale, che il presepe in fondo è promessa di umanità.

In un mondo che sta sbandando, tra guerre e diritti umani violati, Natale arriva puntuale alla sua stagione, anche se il clima non è più quello di una volta e il suo cambiamento è diventato una seria minaccia che compromette la salute circolare del mondo e la sopravvivenza delle persone.

Come può venire ancora Natale quando 28 COP non sono bastate per prendere decisioni più risolutive a tutela della popolazione globale? In un mondo che si fa ogni giorno più squilibrato, è Natale anche per noi infermieri, dopo un mese di scioperi come non se ne vedevano da tempo.

E poi è il quarto Natale con il Covid, anche se la narrazione dà il virus per estinto, arginato o dimenticato. Così alla vigilia il ministero della salute dispone open day vaccinali ed invita ad ampliare il tracciamento e il sequenziamento di tutti i virus respiratori in circolazione per indagare sulla reale situazione clinica epidemiologica nel Paese (Circolare n. 39123 del 15/12/2023).

Intanto è già Natale, tradizionalmente attorno al solstizio d'inverno, sulle tredicesime piene di trattenute, quasi più di uno stipendio mensile. Non mi arrabbio nemmeno, penso che con il guadagno che mi tolgono dalla quasi doppia busta paga di dicembre ci pagano quattro pensioni minime, anziché soltanto una o due come durante il resto dell'anno.

Spero almeno che qualche persona anziana per qualche settimana non si metterà in fila su marciapiedi affollati in attesa del suo pane quotidiano. Spero che per qualche mattina d'inverno le signore non staranno curve a raccogliere frutta e verdura scartata all'alba nei mercati.

Ci lamentiamo, a ragione, di stipendi troppo bassi e scarso riconoscimento politico e sociale. Fa male rendersi conto che scioperare con legittime rivendicazioni contro una manovra ingiusta è servito a peggiorare in parte la situazione piuttosto che a risolverla.

L'articolo 33 ci è arrivato addosso come un tram sui denti, anche in retromarcia dopo le correzioni: seppur salvando alcune pensioni, l'esecutivo ha introdotto la prospettiva di lavorare 46 anni e la possibilità di restare in servizio sino ai 70 anni, se non si vuole essere penalizzati con assegni mensili pensionistici decurtati.

In un mondo lavorativo che sta sbandando, questo Natale mi ritorna in mente il patto che dal 1996 l'infermiere ha stipulato formalmente con il cittadino. Poiché è tempo di uno scambio di auguri, con i quali ci si rivolge l'auspicio di reciproche cose belle, trovo che sarebbe adatto di questi tempi spedire idealmente il breve e significativo testo del patto a tutti i cittadini, come una cartolina natalizia. Metterei in indirizzo anche coloro che sempre più spesso ci aggrediscono a colpi di cattive parole e di estintori in testa, umiliandoci l'anima oltre che a ferirci fisicamente.

Siccome credo ancora nel valore inestimabile del Servizio Sanitario Nazionale e ai suoi principi, per quanto lo vogliano distruggere, e nella bellezza della professione infermieristica, per quanto sia trattata male dai decisori politici, penso che farebbe bene a tutti ricordare le parole semplici che sono state magistralmente scelte qualche decennio fa per fare un accordo tra le parti sociali, da una parte l'infermiere e dall'altra il cittadino.

Avevamo scommesso che questo rapporto ci avrebbe portato lontano, cittadini insieme, e che grazie al patto saremmo cresciuti vicendevolmente, rendendo migliore questo posto civile che abitiamo condividendo spazi sociali e tempi relazionali che fanno parte della cura e del prendersi cura, anche in assenza di malattia.

Evidentemente qualcosa nel rapporto si è incrinato o è andato storto se siamo arrivati al punto di essere costantemente sotto pressione sino ad essere minacciati e a rischiare l'incolumità mentre, cercando di fare del nostro meglio, siamo al lavoro.

Il patto, che è ancora attuale e in vigore, è una sorta di contratto senza mediazioni con cui, in quanto infermiere, prometto di tutelare la tua salute e di proteggerti in ogni occasione di incontro, tra me e te.

Talvolta mi prendo cura dei tuoi bisogni anche da lontano, ci sono anche se non mi vedi. Ogni giorno mi impegno di fare con te e per te tante attività che ti sono indispensabili, quando stai bene e quando stai male. Lo faccio per non lasciarti ignaro, smarrito e solo.

A chi altri dovrei mandare gli auguri di un sereno Natale se non a te che sei naturalmente la persona messa al centro della mia attività di assistenza e che dà un significato alla mia professione? Ho costruito tutta la mia professione attorno alla tua figura, specialmente quando ammalandoti diventi parte del mio nome. Etimologicamente, infermiere porta dentro gli infermi, non solo un ammalato ma tanti.

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