Nurse24.it

Editoriale

Siamo un outbreak, un’esplosione di esseri umani

di Monica Vaccaretti

La pandemia scatenata dal nuovo Coronavirus non si è ancora placata, dopo oltre due anni, che già le autorità sanitarie internazionali lanciano un allarme per la diffusione globale del vaiolo delle scimmie. Anche se i numeri totali del contagio sono ancora bassi (soltanto 342 in tutto il mondo ma destinati inevitabilmente ad aumentare) l'Organizzazione Mondiale della Sanità mette in guardia con circolari, protocolli e linee guida per capirne l'incidenza, sorvegliare epidemiologicamente la situazione ed arginare doverosamente il dilagare del virus.

Vaiolo delle scimmie: la conoscenza rende consapevoli di un problema

Un virus che compare in forme diverse, che evolve, che diventa una minaccia per la salute pubblica mondiale in un mondo globalizzato, deve sempre essere indagato, studiato, isolato, arginato, fermato

Sin dalla prima notizia data dagli organi di informazione, l'opinione pubblica sembra aver assunto una posizione infastidita ed ironica sul tema del patogeno trasmesso agli esseri umani dalle scimmie. Si minimizza e si ridicolizza, con vignette sui social e nei discorsi tra la gente.

Forse per esorcizzare la paura di una nuova infezione largamente diffusa tra la popolazione che imponga altre severe misure sanitarie e restrizioni alla circolazione e alle libertà personali o forse per meccanismi di difesa e bias cognitivi, non si capisce neanche stavolta che se l'Oms lancia un allarme epidemiologico non lo fa mai per spaventare la gente per niente ma per educare a comportamenti sanitari responsabili e consapevoli, orientare la ricerca, uniformare la conoscenza così da intervenire in modo efficace.

L'esperienza con Sars-CoV2 insegna che tale Organismo, guidato dalle opinioni degli esperti, tende inizialmente a sottostimare talvolta la gravità della diffusione nel mondo di una malattia. Alla luce di quanto successo con Covid-19 e poiché la comunità scientifica internazionale ritiene che il mondo sia entrato certamente nell'era delle pandemie, l'OMS continua a svolgere il suo mandato valutando i dati scientifici e i report provenienti dai sistemi sanitari di tutto il mondo ed elaborando raccomandazioni basate sul consensus e le evidenze.

Nel caso specifico del vaiolo delle scimmie l'OMS non intende creare un allarmismo ingiustificato, ma tutelare la salute pubblica mondiale poiché non è un fatto normale che un virus, endemico soltanto in una zona limitata dell'Africa, sia comparso ad oggi in 19 Paesi non endemici per Monkeypoxvirus. La sorveglianza dei casi si sta accompagnando alla ricerca dell'animale serbatoio, individuarlo tempestivamente significa mettere in atto misure sanitarie specifiche di controllo dell'infezione per ridurre i casi.

Quel che appare evidente è che ancora una volta c'è stata una zoonosi, da sempre limitata in una zona e autolimitante, che potenzialmente diventa minacciosa per l'uomo a livello globale per una circostanza che ancora non conosciamo. È innegabile che ci sia stato uno spillover, un salto di specie. Se tale salto è stato doppio, infettando anche un animale che vive abitualmente nel nostro mondo extrafricano, allora anche Monkeypox diventerà endemico. Significa che non se ne va via.

Un virus che compare in forme diverse, che evolve, che diventa una minaccia per la salute pubblica mondiale in un mondo globalizzato, deve sempre essere indagato, studiato, isolato, arginato, fermato. Gli scienziati sono concordi nel ritenere che la diffusione di un patogeno, a tal punto da trasformarsi in una pandemia, dipende dal comportamento umano. Gli epidemiologi e i cercatori di virus dell'OMS sono sempre in allerta, è il loro mestiere. Sono le sentinelle del mondo contro gli spillover.

Quello che succede dopo che questi uomini di scienza lanciano un allarme sanitario, come è capitato con Sars-CoV2, dipende dal resto della comunità scientifica ma anche dalla politica, dagli usi sociali, dall'opinione pubblica, dalla volontà di agire e da altri aspetti dell'umanità. Dipenderà da tutti noi, scrive il giornalista e divulgatore scientifico David Quammen nell'ultimo capitolo del suo best seller “Spillover” (2012).

Prima di reagire alla notizia del vaiolo delle scimmie con isterismo o ilarità, dovremmo almeno conoscere quello di cui si sta parlando. È la conoscenza che rende consapevoli di un problema. Dovremmo tutti sapere e capire che le recenti epidemie di nuove zoonosi (come Covid-19) e la comparsa di altre già note che si presentano in un posto geograficamente distante e anomalo (come il vaiolo delle scimmie) fanno parte di un fenomeno generale creato dal genere umano.

Dovremmo finalmente renderci conto che gli spillover dei virus e le malattie che generano sono conseguenze delle nostre azioni, alcune inevitabili, altre controllabili. Dovremmo certamente capire che noi essere umani siamo un outbreak e siamo la causa delle pandemie che ci colpiscono

Negli outbreaks ci sono esplosioni anche di opinioni pubbliche

L'eterogeneità degli esseri umani è notevole. Sono preoccupanti i dati riportati dal Rapporto Italia condotto da Eurispes. Tenendo in considerazione un 4,8% che dichiara ancora che Sars-CoV-2 non esista, risulta che il 46.6% degli italiani riconosce di non avere idea di come sia nata la pandemia. Il 25%, ossia un italiano su quattro, è convinto che tutta la faccenda del Covid 19, pur esistendo, sia un complotto. Tra questi il 42,1% pensa che la pandemia non sia quindi una casualità. Che il virus sia stato creato in laboratorio e diffuso apposta nel mondo da qualcuno per varie ragioni. Dai poteri forti globali, dalle multinazionali farmaceutiche, dal governo cinese. Per fare enormi profitti. Per controllare meglio le persone. Per indebolire le democrazie. Per ridurre la popolazione mondiale. Per creare un clima di paura. Per consolidare il potere delle élite internazionali. Per nascondere altri problemi gravissimi. Per giustificare l'intervento dello Stato in economia.

Se il 46,6% degli stessi intervistati pensa del Monkeypox come del Covid-19 non siamo messi bene considerando che, secondo i modelli matematici delle epidemie umane, il comportamento umano individuale ha un'influenza decisiva sul tasso di trasmissione di un'infezione. Le azioni delle singole persone hanno un grande effetto su R0. E come il battito delle ali di una farfalla scatena una tempesta di vento dall'altra parte del mondo, così capita con le pandemie.

Quel che è iniziato a Whuan è arrivato, il tempo di un battere d'ali, a Vo'. Il tasso globale di infezione può pertanto essere ridotto drasticamente dal comportamento delle persone, sia a livello collettivo che individuale.

Gli sforzi e le scelte ragionate dei singoli possono avere una grande importanza nel tenere sotto controllo la trasmissione di una malattia infettiva. Dipende dalla consapevolezza, dalla conoscenza e dall'intelligenza dei comportamenti.

Un essere umano, informato dei rischi cui si espone, può scegliere di non bere acqua contaminata, di non mangiare carne di scimpanzè, di non mettere il recinto dei maiali sotto un albero di mango pieno di pipistrelli che defecano, di non liberare le vie aeree di un cavallo da corsa a mani nude, di non fare sesso non protetto con una prostituta, di non drogarsi con una siringa usata, di non tossire senza coprirsi la bocca, di non salire a bordo di un aereo se non si sente bene, di non allevare galline e anitre insieme, spiega Quammen.

Nell'ultimo capitolo “Dipende...”, l'autore scrive:

Abbiamo aumentato il nostro numero fino a sette miliardi e più, arriveremo a nove miliardi prima che si intraveda un appiattimento della curva di crescita. Viviamo in città superaffollate. Abbiamo violato, e continuiamo a farlo, le ultime grandi foreste ed altri ecosistemi intatti del pianeta, distruggendo l'ambiente e le comunità che vi abitavano. A colpi di sega ed ascia, ci siamo fatti strada in Congo, in Amazzonia, nel Borneo, in Madagascar, in Nuova Guinea e nell'Australia nordorientale. Facciamo terra bruciata, in modo letterale e metaforico.

Uccidiamo e mangiamo gli animali di questi ambienti. Ci installiamo al posto loro, fondiamo villaggi, campi di lavoro, città, industrie estrattive, metropoli. Esportiamo i nostri animali domestici, che rimpiazzano gli erbivori nativi. Facciamo moltiplicare il bestiame allo stesso ritmo con cui ci siamo moltiplicati noi, allevandolo in modo intensivo in luoghi dove confiniamo migliaia di bovini, suini, polli, anatre, pecore e capre - e anche centinaia di ratti del bambù e zibetti. In tali condizioni è facile che gli animali domestici siano esposti a patogeni provenienti dall'esterno (come accade quando i pipistrelli si posano sopra le porcilaie) e si contagino tra loro.

In tali condizioni i patogeni hanno molte opportunità di evolvere e assumere nuove forme capaci di infettare gli esseri umani tanto quanto le mucche o le anatre. Molti di questi animali li bombardiamo con dosi profilattiche di antibiotici e di altri farmaci, non per curarli ma per farli aumentare di peso e tenerli in salute il minimo indispensabile per arrivare vivi al momento del macello, tanto da generare profitti. In questo modo favoriamo l'evoluzione di ceppi batterici resistenti. Importiamo ed esportiamo animali domestici vivi, per lunghe distanze e a grandi velocità. Lo stesso avviene per certi animali selvatici usati in laboratorio, come i primati, o tenuti come esotici compagni.

Chiudo il libro dossier che ho riletto un paio di volte in due anni di pandemia. L'ho sempre tenuto sul comodino, come si tengono vicine le cose a noi care o indispensabili. Mi è capitato non a caso tra le mani ed è stato una buona compagnia, al rientro a casa dopo tamponi e vaccini.

Decido di non riporlo nella libreria, torna accanto al cuscino. La pandemia non è finita, rieleggerò qualche passo ogni tanto per capire e non dimenticare. E mentre scelgo dallo scaffale un libro più leggero, mi chiedo: se quel 42,1% degli italiani intervistati da Eurispes leggesse libri scientifici come Spillover, potrebbe davvero credere ancora che Sars-CoV2 sia stato creato in laboratorio e sfuggito al controllo?

Se non si capisce che le pandemie sono eventi naturali provocati dal comportamento dell'uomo - anche il mio, anche il tuo - è così che gli spillover tramutano naturalmente in pandemie.

Infermiere

Commento (0)