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Diritto all’oblio oncologico: io non sono il mio tumore

di Monica Vaccaretti

L'oncologa americana, di origini italiane, Monica Bertagnolli, già Direttore del National Cancer Institute ed ex presidente dell'American Society of Clinical Oncology, è stata nominata da Joe Biden direttore del National Institutes of Health di Bethesda (NIH), l'agenzia principale degli Stati Uniti responsabile della ricerca biomedica e della salute pubblica che fa parte del Dipartimento della salute e dei servizi umani. La carica era vacante dal 2022 ma la nomina è stata conferita nel 2023 per consentire alla dottoressa Bertagnolli di terminare le cure oncologiche cui si era sottoposta dopo l'occasionale scoperta, durante uno screening, di un tumore al seno allo stadio iniziale. La notizia non solo mette in luce il fatto che sia stato assegnato al medico un prestigioso incarico istituzionale nonostante il tumore ma si collega, da oltre Atlantico, con la questione relativa all'oblio oncologico di cui in questi giorni si è tornato a discutere in Europa, dopo che il governo spagnolo si è impegnato a promulgarne una legge entro giugno seguendo le direttive dell'Unione.

Il sopravvissuto al cancro ha diritto all'oblio

Il diritto all'oblio oncologico è una norma di tutela che abolisce l'obbligo di dichiarare di essere stati malati di cancro allo scopo di impedire qualsiasi forma di discriminazione legata allo stato di salute di una persona.

Lo ha stabilito nel 2022 il Parlamento Europeo con la raccomandazione che tale norma sia adottata da tutti gli Stati membri dell'Unione.

L'articolo 17 del Regolamento europeo configura il diritto alla cancellazione dei propri dati personali legati all'esperienza di malattia oncologica in forma rafforzata.

Il cittadino può reclamare gratuitamente tale diritto tramite un legale di fiducia o rivolgendosi ad associazioni ed organismi senza scopo di lucro.

Si tratta di un provvedimento che gli consente di non dichiarare la sua pregressa patologia al momento di firmare polizze, contratti bancari e di lavoro.

Scegliere di non fornire informazioni sulla propria malattia e non esser identificati con essa dovrebbe essere un diritto di ogni paziente guarito da un tumore, in ogni Paese del mondo. In Europa tale diritto è già stato introdotto nell'ordinamento giuridico in alcuni Stati virtuosi come Francia, Lussemburgo, Olanda, Belgio e Portogallo che hanno emanato la legge negli ultimi due anni.

Banche, società assicuratrici e datori di lavoro non possono pertanto richiedere informazioni su eventuali patologie pregresse e il soggetto interessato può esercitare il diritto di ometterle, purché sia trascorso un determinato periodo di tempo dalla guarigione.

Come dichiarato dal primo ministro spagnolo Sanchez, non ha senso che, dopo aver sofferto una grave malattia, si debba essere penalizzati con l'esclusione dalla sottoscrizione di contratti o con condizioni più onerose. Il premio assicurativo, infatti, viene incrementato per un ex malato di cancro. Non si dà credito e non si investe su un ex tumorale, il rischio di morte è valutato troppo alto.

Sul piano normativo e legislativo l'Italia è ancora una volta indietro

Nel rispetto del paziente oncologico di oggi e di domani è doveroso ed urgente riempire il vuoto normativo. È un gesto di civiltà. Nella scorsa legislatura era stato depositato in Senato il disegno di legge n. 2548 del 2022, ma non risulta ancora calendarizzato dalla commissione giustizia per discuterne in Parlamento.

Presentato dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel) la proposta di legge nasce da un'istanza da parte delle associazioni oncologiche e da una raccolta di firme che è stata oggetto di un'importante campagna di comunicazione #iononsonoilmiotumore, promossa dalla Fondazione Aiom, l'Associazione Italiana di Oncologia Medica. Ne sono state raccolte oltre 100 mila.

Il testo non è decaduto, pertanto gli esponenti politici sono tornati a sollecitare la promulgazione di questa norma che tutela il diritto delle persone che sono state affette da patologia oncologica a non subire discriminazioni nell'accesso all'adozione di minori e ai servizi bancari ed assicurativi. La condizione è che siano trascorsi dieci anni senza recidive.

Dichiarare oggi in Italia di aver avuto il cancro, anche se si è guariti, significa ancora sentirsi rifiutati da banche ed assicurazioni e rischiare di non avere un lavoro.

In Italia 3,6 milioni di persone hanno avuto una diagnosi di cancro. Circa un milione, il 27%, può essere considerato guarito. Tuttavia, secondo Aiom molte di queste persone subiscono, hanno subito o subiranno ingiustamente discriminazioni legate alla malattia.

Queste persone vogliono soltanto riprendersi la propria vita, a distanza di anni, e tornare ad essa con dignità senza che qualcuno ricordi loro, in modi e tempi inopportuni, quel che hanno vissuto. È improprio differenziare un malato oncologico da un malato che soffre d'altro.

Chi ha la buona sorte di guarire non dimentica l'esperienza di malattia, essa diventa parte della propria personale esistenza. Per quanto entrato nelle proprie cellule, per quanto abbia invaso i propri tessuti vitali e per quanto riempia i propri pensieri, non si diventa mai il proprio tumore.

i riesce a mantenere quel sano distacco, io donna e tu cancro, sei qualcosa di diverso da me, sei un alieno ma non mi rendi alienante, ripeteva Noemi. Non è mai diventata estranea al suo mondo interiore, nonostante il tumore.

Le persone guarite desiderano semplicemente che ciò che hanno vissuto privatamente non sia oggetto di pubblica conoscenza, quando ormai tutto è passato, a tal punto da impedire il normale ritorno ad alcuni aspetti della vita sociale. Dopo aver lottato per anni lasciando indietro una buona parte di sé per cercare di salvarsi la vita, le persone sopravvissute al cancro davvero non hanno bisogno di vedersi negato l'accesso ad alcuni servizi essenziali per colpa della propria malattia.

Hanno cicatrici sulla pelle e ferite dentro, non colpe addosso. Vogliono soltanto tornare ad essere persone come tutte le altre. Non deve essere una malattia, soprattutto quando se ne è guariti, a porre confini tra i cittadini, a creare sottili distinzioni o ad essere impedimento sociale alla realizzazione di sé.

Il diritto all'oblio oncologico è stabilito anche dal Piano europeo di lotta contro il cancro, sviluppato con l'obiettivo di garantire la sopravvivenza alla malattia e una vita lunga e soddisfacente, libera da discriminazioni e ostacoli iniqui.

La Commissione europea ha promosso e finanziato altresì la Mission on Cancer, una missione che prevede di salvare tre milioni di persone entro il 2030. Si salvano le persone completamente dal cancro non soltanto liberandole fisicamente dalla neoplasia, ma anche sostenendo la qualità della vita ritornata libera da malattia, garantendo un futuro senza sentirsi addosso uno stigma.

È fondamentale prevenire tutto il prevenibile ed ottimizzare la diagnostica e il trattamento ma far ritornare la persona ad una condizione di vita normale, che sia produttiva e di qualità, significa recuperarla nelle sue varie e complesse dimensioni ferite dalla malattia.

La riabilitazione oncologica interessa il corpo e la mente: è pertanto globale e personalizzata. Deve essere sostenuto il recupero fisico, nutrizionale, cognitivo, psicologico e sociale. Per reinserire le persone libere da malattia nel sistema lavorativo, farle tornare il più serenamente possibile in seno alle proprie famiglie e reintegrarle nella società civile, occorre gestire complicanze più o meno invalidanti, trattare gli effetti collaterali dei trattamenti farmacologici, recuperare le funzioni lese, convivere con disabilità anche gravi.

Nel nostro Paese viene sostanzialmente negato finora, oltre al diritto all'oblio, anche il diritto alla riabilitazione oncologica fintanto che essa non viene inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Essa dovrebbe essere garantita con immediatezza, come richiede anche la Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato (FAVO). Questa mancanza costringe le persone a rivolgersi all'Inps, Enti e Casse previdenziali per richiedere sostegni assistenziali e previdenziali come ogni altra persona invalida ed inabile.

Occorre pertanto incrementare la promozione di una cultura di survivorship care, come raccomandato anche dall'Oms nel suo rapporto “The need for rehabilitation services” per limitare la disabilità ed eliminare le disparità.

Intanto, in Italia

In Italia le circa 900mila persone guarite dal cancro possono ancora trovarsi a vivere difficoltà nell'accesso ad alcuni servizi, come la richiesta di mutui e prestiti, la stipulazione di assicurazioni e l'adozione di figli.

Lo denuncia Aiom, secondo la quale il fenomeno di disagio è destinato ad aumentare nella popolazione oncologica perché molte neoplasie oggi sono curabili e altre, grazie alle terapie, hanno un'aspettativa di vita lunga. La sopravvivenza alla diagnosi di cancro è migliorata, è realtà e non soltanto una speranza.

È considerato guarito il paziente oncologico che raggiunge la stessa attesa di vita della popolazione generale. Considerando che i tempi di guarigione risultano molto variabili a seconda della tipologia della neoplasia e che possono essere anche molto lunghi, la legge per il diritto all'oblio permetterebbe di non considerare più oncologico un paziente che ha avuto un tumore solido in età pediatrica, dopo 5 anni dal termine delle cure e chi ha avuto un tumore solido in età adulta, dopo 10 anni dal termine delle cure.

Servono 15 anni per essere dichiarati guariti da linfomi, mielomi, leucemie e tumori della vescica e del rene. Se la neoplasia alla mammella e alla prostata non si ripresenta dopo 20 anni, la guarigione è pressoché certa.

L’oblio oncologico è un atto inclusivo

Serve una dimenticanza prolungata, un senso di abbandono da parte del pensiero. L'oblio oncologico è un sano dimenticarsi del tumore per recuperare un nuovo vitale sé. Non dirlo agli altri durante questo processo di riabilitazione, non può che fare bene.

Poiché la malattia oncologica tocca una dimensione intimamente delicata, è eticamente appropriato che l'informazione relativa al tumore si possa trovare ancora nella propria memoria ma non sia alla mercè degli estranei.

Che il fatto sia accessibile soltanto all'ex malato, se e quando voglia ricordarselo, ma che per il resto del mondo non ne rimanga traccia, è un civile segno di rispetto. L'oblio oncologico diventa pertanto inclusivo, permettendo a tutti i malati oncologici guariti di sentirsi accolti e appartenenti alla società, godendo di opportunità senza alcuna discriminazione e di partecipare pienamente alla propria vita e a quella della comunità.

Infermiere

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