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Assistenza Pediatrica

Gestione del Dolore: la sua valutazione in ambito Pediatrico

di Tania Buttiron Webber

Dolore

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Valutare il Dolore nel bambino non è la stessa cosa che valutarlo nell’adulto. Infatti, occorre saper attentamente utilizzare i giusti strumenti per non sbagliare, ricordandosi che il bambino (fascia d’età dai 0 ai 18 anni) è un “essere” particolare. Scopriamo cosa suggerisce in merito l’Organizzazione Mondiale della Sanità e qual è il ruolo dell’Infermiere.

La valutazione deldolore nel bambino rappresenta una difficile sfida per tutti gli operatori sanitari. Il bambino è, infatti, un paziente particolare, una persona in continua evoluzione fisica, psichica, cognitiva e relazionale e ciò condiziona in maniera importante sia la scelta delle metodiche proposte per la valutazione del dolore che le strategie da usare per la somministrazione della terapia antalgica.

Il dolore del bambino

Il dolore nel bambino è valutabile con scale specifiche

La letteratura propone numerosi strumenti di misurazione del dolore, applicabili nelle diverse realtà cliniche ed anche poco costose in termini di tempo e risorse.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stabilisce, in base all’entità del dolore, una scala di interventi con lo scopo di:

  • valutare l’intensità del dolore
  • seguire l’effetto farmacologico secondo la scala terapeutica del dolore
  • utilizzare la terapia farmacologica e non.

Tale strategia richiede un approccio integrato e multidisciplinare che permetta di trattare il dolore. Come già citato per le scale di valutazione del paziente adulto, l’articolo 7 della Legge 38/2010 obbliga il professionista a riportare nella documentazione clinica la rilevazione del dolore.

Gli strumenti per la rilevazione sono le scale di valutazione, suddivise in 2 categorie:

  • scale di autovalutazione
  • scale osservazionali.

Nei pazienti collaboranti il gold standard per la valutazione del dolore è l’autovalutazione attraverso scale validate (è il bambino stesso che in maniera guidata quantifica il proprio dolore). Laddove non sia possibile ricorrere ad un approccio di tipo soggettivo, si fa riferimento ad indici comportamentali e/o fisiologici.

Le scale di autovalutazione del dolore pediatrico

Possono essere utilizzate nel bambino a partire dai 3 anni di età e prevedono l’utilizzo di foto, disegni o figure di visi stilizzati che rappresentano i diversi livelli del dolore (ad es. Wong/Baker Faces Rating Scale, scala di Bieri e scala Oucher).

La Scala di Oucher è costituita da 6 fotografie che riprendono l’espressione facciale di bambini con crescente intensità di dolore.

La Scala di Bieri è invece costituita da 7 figure che, in progressione, rappresentano facce con espressioni diverse: da una faccia neutra ad una molto corrucciata. Si chiede al bambino di segnalare la foto/figura che meglio corrisponde a ciò che sta provando in quel preciso momento, scegliendo da “nessun dolore/male” a “tanto dolore/male”.

Wong Baker Faces Pain Rating Scale

Scala di valutazione del dolore utilizzata per i bambini tra i 3 e gli 8 anni di età. Si basa sull’indicazione da parte del bambino di una faccia, tra una serie di sei, in cui si rispecchia in quel momento, ovvero che rappresenta l’intensità del dolore che sta provando.

Si usa generalmente il termine “male” per età dai 3 ai 5 anni, il termine “dolore” per età dai 6 ai 7 anni.

Al di sopra degli 8 anni di età possono essere usate scale numeriche come l’NRS o la VAS. Se il bambino è di età inferiore ai 3 anni sono da applicare le scale osservazionali o comportamentali.

Diversi gli indicatori presi in considerazione:

  • movimenti corporei (risposte motorie anomale o agitazione motoria, sfregamento della parte dolente, rigidità o immobilità corporea);
  • espressione facciale;
  • livello d’irritabilità;
  • difficoltà nel ritornare ad uno stato di quiete o ad orientare l’attenzione verso stimoli ambientali;
  • modificazioni del ciclo sonno-veglia.

Generalmente le modificazioni comportamentali messe in atto dal bambino in corso di dolore acuto sono abbastanza evidenti ed includono, quasi sempre, il lamento e/o il pianto.

Nel dolore cronico molti aspetti comportamentali sono invece sfumati o assenti e non raramente si evidenziano limitazioni importante della reattività motoria e della relazione.

Varie le scale comportamentali validate per la misurazione del dolore, con possibilità di somministrazione in tutte le età pediatriche. Principali scale comportamentali validate per la misurazione del dolore Scala Flacc

Indicata per la valutazione del dolore nel neonato e nel bambino fino a 3 anni d’età, trova ampia applicazione in ambito clinico grazie sia alla sua accuratezza che alla facile applicabilità.

Utilizza 5 item:

  1. Volto (V);
  2. Gambe (G);
  3. Attività (A);
  4. Pianto (P);
  5. Consolabilità (C).

Ciascun item prevede un punteggio da 0 a 2, contemplando un punteggio totale tra 0 e 10. Children’s Hospital of Eastern Ontario Pain Scale (CHEOPS)

Molto diffusa in ambito clinico, viene utilizzata in particolare per la misurazione del dolore post-operatorio e procedurale in bambini da 1 a 7 anni.

Gli item cui fa riferimento sono 6:

  1. pianto;
  2. espressione facciale;
  3. espressione verbale;
  4. tronco;
  5. contatto;
  6. movimento delle gambe.

Ciascun item prevede un punteggio da 0 a 3.

Premature Infant Pain Profile (PIPP)

È utilizzato per misurare il dolore da procedura in neonati d’età gestazionale compresa fra 28 e 36 settimane.

Vengono valutati:

  • età gestazionale;
  • comportamento;
  • indici fisiologici;
  • indici facciali.

Il numero totale di item è pari a 7, con un punteggio che va da 0 a 3.

Crying Requires O2 Increased vital signs Expression Sleepless (CRIES)

È utilizzata per misurare il dolore post-operatorio in neonati dalle 32 alle 60 settimane.

Gli indici considerati sono: 

  • pianto; 
  • necessità di O2 per un livello di saturazione > 95%; 
  • aumento degli indici vitali; 
  • espressione facciale; 
  • insonnia.

Il numero totale di item è pari a 5, con un punteggio da 0 a 2.

Le tecniche proposte sono molteplici: tutte comportano vantaggi e svantaggi e sono attualmente in fase di studio. L’approccio migliore a questo problema è l’approccio multidisciplinare, che tiene conto della risposta verbale del bambino stesso con i metodi di autovalutazione, l’utilizzo di metodi comportamentali osservando eventuali atteggiamenti legati a contesti specifici, pianto, agitazione ed utilizzando anche metodi che rilevano misure fisiologiche quali FC, FR, dosaggi ematochimici.

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